Otto film. Solo otto film. Come due anni fa, quando però fui rapito per un weekend dal tifone di Mestre. Mi vergogno di me stesso. Forse è il caso di appendere le occhiaie al chiodo e dedicarmi ad altro. Non dico di voler mirare ancora alle vette da quaranta film dei bei tempi, ma caspita, neanche la doppia cifra ho toccato. E l'ho visto ieri, dopo l'ultimo film, quanto sia diverso. Non mi sentivo provato nella mente e nel fisico come avrei dovuto, e un po' mi mancava. Ma soprattutto mi mancava quella sensazione di essere arrivato in fondo a qualcosa, quel pizzico di malinconia, di "è finita". Quel guardare le solite facce allontanarsi pensando che, beh, dai, li rivedo a settembre. Nah, stavo semplicemente uscendo dal cinema, come se avessi appena guardato un film qualsiasi a uno spettacolo qualsiasi.
Di buono, perlomeno, c'è che la censura preventiva ha fatto il suo dovere: ho visto solo roba perlomeno piacevole e addirittura qualche bel film. Fra l'altro, cosa curiosa, tutte pellicole di nazionalità diverse. Però otto. E poi, se vogliamo, il fatto di averne visti solo di piacevoli è pessimo, perché è molto più divertente - e semplice - scrivere insultando le merdate, che parlar di bei filmetti. Probabilmente è anche molto più divertente da leggere. E poi... otto. :(
Un Certain Régard Tales from the Golden Age (Romania, Francia) di Hanno Hofer, Razvan Marculescu, Cristian Mungiu, Costantin Popescu, Ioana Uricaru Cinque racconti leggeri, autoironici e velati da un filo di profonda amarezza, che parlano dei primi anni di Romania comunista. Leggende metropolitane, dicerie, piccoli miti e squallidi pettegolezzi che superano forse il confine dell'assurdo, ma dipingono un luogo, un momento e un popolo tanto quanto può farlo un melodrammone straziante e asfissiante, senza però grattuggiare gli zebedei. Simpatico, piacevolissimo, incostante come tutti i film a episodi, strappa qualche risata di gusto e lascia addosso un bel senso di fastidio e pesantezza.
Un Certain Régard No One Knows About Persian Cats (Iran) di Bahman ghobadi con Hamed Behdad, Ashkan Koshanejad La vita per la musica dei ragazzi di Teheran, l'amore, la passione viscerale, la lotta contro un sistema che vuole impedire loro di esprimersi, il desiderio di fuga, l'inevitabile spirale verso il fallimento. Un po' film di denuncia, un po' videoclippone sbrilluccicoso, un po' melodramma e un po' commedia, un po' affascinante ritratto di una realtà lontana anni luce, un po' insopportabile quella specie di Jack Black iraniano, un po' tutto, ma non abbastanza. Gli inserti musicali spezzano e staccano troppo dal racconto per i miei gusti, ma li si perdona per la splendida confezione che li racchiude. Forse troppo splendida, ecco, che magari, fosse stato un filo più crudo e sporco, quel finale sarebbe anche riuscito a graffiarmi le budella.
Quinzaine des Réalisateurs J'ai tué ma mère (Canada) di Xavier Dolan con Anne Dorval, Xavier Dolan Premio Art Cinema Award Premio SACD Un tuffo nell'adolescenza di un ragazzo canadese, nell'esplorazione della sua omosessualità, nel difficile rapporto con una madre che non può fare a meno di immaginarsi arpia intenzionata a rovinargli la vita. Divertente parziale autobiografia diretta e recitata dal ventenne Xavier Dolan, che cerca troppo lo spunto poetico e si fissa su scene madri e monologhi pretenziosi, ma dipinge rapporti umani credibili e intensi e arriva perfino a buttare qua e là qualche bella idea di regia.
Quinzaine des Réalisateurs La merditude des choses (Belgio) di Felix van Groeningen con Valentijn Dhaenens, Kenneth Vanbaeden, Koen De Graeve Mention Europa Cinema A cavallo fra anni settanta e ottanta, la storia di un adolescente belga e della sua stralunata famiglia. La nonna, il padre e i suoi tre zii, tutti uniti da una unica e fondamentale costante: l'alcolismo. Fra gag esilaranti, drammi familiari, litigi e gesti d'affetto, si racconta di quanto un figlio sia costretto a ripercorrere le orme del padre, anche (soprattutto?) quando è l'ultima cosa che vorrebbe fare. Film simpaticissimo, che va via veloce come un soffio e convince grazie al suo spirito rozzo, ruvido, sincero. Quasi commuove, addirittura, quando meno te l'aspetti, mentre fallisce un po' nei (rari) momenti in cui prova sul serio a far venire gli occhi lucidi.
Bergamo Film Meeting Cordero de Dios (Argentina, Francia) di Lucia Cedròn con Mercedes Moràn, Jorge Marrale, Leonora Balcarce Nell'Argentina in piena crisi economica del 2002, Arturo, un anziano veterinario, viene rapito. La figlia Teresa e la nipote Guillermina si trovano ad affrontare il dramma della situazione e la difficoltà nel reperire i soldi per pagare il riscatto. Nel mentre, emerge dalla memoria il ricordo dell’esperienza vissuta da Teresa trent'anni prima, quando in piena dittatura militare venne lei stessa rapita dalla polizia a causa del proprio attivismo politico. Denuncia e dramma familiare, conflitti umani, lotta contro gli spettri del passato e l'impossibilità di affrontare i propri errori. Duro, solido, ruvido, un bel film che ha il pregio di non cedere mai al patetismo o alla facile emozione, ma forsanche per questo manca un po' di potenza drammatica.
In concorso Gli amori folli (Francia) di Alain Resnais con André Dussolier, Sabine Azéma, Mathieu Amalric, Emmanuelle Devos Resnais è un regista delizioso, che fa film deliziosi, con attori deliziosi e storie deliziose. E Les herbes folles quello è: un film delizioso, divertente, carino, che ammalia col suo spirito leggiadro e sbarazzino. Ti sbatte lì tre o quattro misteri, un paio di storie d'amore e mezzo dramma. Racconta tutto col solito stile originale, che dona la parola ai pensieri della gente e li mostra in fumetti fluttuanti. Infila lì, così, in maniera appena appena demenziale, una colonna sonora assurda firmata Mark Snow e uscita per direttissima da un qualsiasi episodio di X-Files. Ti abbandona all'improvviso, con un finale delirante, piazzandoti sulla testa un colossale punto interrogativo. Stralunato, scombinato, incomprensibile, adorabile.
In concorso Il nastro bianco (Austria) di Michael Haneke con Ulrich Tukur, Christian Friedel, Leonie Benesch Palma d'Oro Premio FIPRESCI della critica internazionale Non so bene come faccia, ma Haneke riesce a toccare le mie corde in una maniera tutta particolare. Mentre guardo un suo film lo trovo miserabilmente lento, a livelli quasi insopportabili. Eppure ne rimango rapito, non mi annoio neanche per un attimo, resto ipnotizzato da queste immagini splendide, dipinte con una precisione assurda. Mi faccio trasportare nei mondi e nelle persone che racconta, vivendone con angoscia drammi lontanissimi, paradossali, che non ho modo di sentire vicini. Questo, per me, Haneke fa benissimo: ti fa viaggiare nella sofferenza altrui, te la fa vivere, la rende tua e te la lascia addosso. E poi ti abbandona, senza risolvere, senza dare speranza, senza fornirti neanche un appiglio, una via di fuga, un modo per uscirne. Così, a mollo.
In concorso Il mio amico Eric (GB, Francia, Italia, Belgio, Spagna) di Ken Loach con Steve Evets, Eric Cantona Oh, ma guarda che bel Ken Loach, simpatico, leggiadro, divertentissimo nell'aggrapparsi all'ossessione di un uomo per Eric Cantona e sfruttarla per raccontare con toni da commedia una storia d'amore, pentimento, sensi di colpa, resurrezione. Una favoletta ancorata alla realtà nella caratterizzazione di quasi tutti i personaggi ma fluttuante fra le nuvole negli sviluppi dell'esile intreccio, con un adorabile Cantona nei panni di se stesso e una serie di attorucoli/caratteristi brit che ti fanno innamorare al primo sguardo. Semplice, piacevole, certo furbetto, ma sinceramente dolce. E mi ha fatto chiudere la rassegna con un bel sorriso commosso.
Ho visto un concerto dei Faith No More per la prima volta nel 1995, a Sonoria, quando erano gli headliner nella data del 9 giugno (no, non me lo ricordavo, sono andato a controllare). Ero lì per spararmi tutteddue i giorni di festival, certo, ma i Faith No More comunque mi incuriosivano. All'epoca li conoscevo appena, probabilmente avevo ascoltato per davvero il solo King For a Day, Fool For a Lifetime, ma mi divertii lo stesso un sacco a guardare questo pazzoide che saltellava per il palco e si buttava giù di faccia. Andai con Omar, come praticamente a qualsiasi concerto andassi a vedere a quei tempi. Ricordo che l'esibizione durò meno del previsto, perché i gruppi precedenti erano andati lunghi, si era in ritardo e bisognava chiudere: non si poteva suonare oltre una certa ora nell'arena di Aquatica. Ricordo anche che per questo motivo si misero a fare una marea di canzoni a raffica, senza pause, senza tirare il fiato, per suonare il più possibile. Ricordo Just a Man, quanto mi era piaciuta, e quanto mi sarebbe piaciuto riascoltarla domenica (e perché, Digging The Grave no?). Ricordo Patton che si mette a litigare con l'organizzazione o non so chi altro e va avanti una ventina di minuti a sbraitare e imprecare, ma alla fine non riesce a ottenere di andare avanti. A Sonoria comprai un sacco di magliette, ma quella dei Faith No More non mi piaceva e lasciai perdere.
Poi li ho rivisti nel 1997, a Bologna, nell'arena del Parco Nord (o qualcosa del genere). Era il tour di Album of the year, l'ultimo tour dei Faith No More prima dello scioglimento. Già li conoscevo meglio, avevo ascoltato un po' tutti i dischi, ma non ero ancora diventato completamente fan. E, per dire, faticavo a "capire" Angel Dust. Ovviamente ci andai con Omar, oltre a un po' di altra gente. Il trasfertone in macchina. Fu una gran bella serata: Tre allegri ragazzi morti, Eels (esordienti, al primo disco, con quel batterista incredibile) e poi loro, che saltarono fuori tutti belli vestiti a festa sbraitando Collision. E Patton che parlava, scazzava, insultava tutti in italiano, litigava col tecnico delle luci, faceva casino. Col senno di poi era in effetti abbastanza evidente il suo averne un po' i coglioni pieni di suonare con quegli altri. O magari era tutta scena, boh. Comprai una bella magliettina dei Tre allegri ragazzi morti, un'adorabilmente inquietante maglietta degli Eels e una brutta, piccola e rancida maglietta dei Faith No More, dai baraccari fuori, perché le magliette ufficiali non mi piacevano. L'unica ancora utilizzabile rimane quella degli Eels.
Oggi sono un fan sfegatato dei Faith No More. Sono fra i miei gruppi preferiti, anche se magari li ascolto un po' meno rispetto a qualche anno fa. E Angel Dust, beh, Angel Dust è fra i miei dischi preferiti degli anni novanta. Fra i primi tre? Fra i primi tre. E gli altri due? Boh, ci devo pensare. Oggi (anzi, l'altro ieri) sono andato di nuovo a un concerto dei Faith No More, dopo dodici anni. Ci sono andato con Eclisse, i suoi due folli amici e la Rumi. E lì ho incontrato altra gente di varia e bassa umanità, fra cui ovviamente Omar, che non poteva mancare. Quando è iniziato il concerto ho cominciato a muovermi verso la bolgia, con qualcuno appeso alla canotta che si lasciava trascinare. Quando hanno attaccato con The Real Thing non ho capito più un cazzo, ho cominciato a correre e saltare e mi sono improvvisamente ritrovato sotto il palco, pelle d'oca dalla punta dei capelli alle unghie dei piedi, a saltare, cantare, urlare, sudare, sbraitare, agitarmi, chiudere gli occhi, abbracciare chiunque mi passasse davanti, provare piacere fisico ai limiti dell'orgasmo. E poi From Out Of Nowhere e davvero, madonna, qualcuno mi salvi, non ce la posso fare, è tutto bellissimo, è tutto fantastico, diodiodio.
A un certo punto vedo passare la Rumi, la saluto, la vedo che salta un po' in mezzo alla gente e sparisce nel blob umano davanti a me. Sostiene di essere arrivata ad aggrapparsi alla ringhiera. Narra la leggenda che sia salita sul palco e abbia infilato la lingua in gola a Mike Patton. Non so, non ricordo, non capisco, non capisco più niente, mi sembra di sentire Ramazzotti che canta Evidenza invece di Evidence, e poco dopo Sorpresa, sono morto! Apro gli occhi e ("CANTATE CON NOI") c'è Lionel Richie che svolazza sul palco. Si mescola tutto quanto, fanno tutto e cantano tutto, e non è vero perché c'è per forza qualcos'altro che avrei voluto urlare con loro, ma non importa perché tutto quello che fanno è bello ed è bellissimo. Sono una groupie, godo, ho goduto.
E ci si guarda e si ride, si salta e ci si spinge, si canta tutti assieme, tienimi che salto, spostati che cado, aiuto la scarpa, ma sta facendo quella, sistafacendoquella, madonna che bello, aiutoaiuto, stafermostafermouuuUAAAAAAAAAAAAAAA...
Ciao Mike, domenica sarò di nuovo li sotto a guardarti mentre fai il cretino. Ma sarà in mezzo ai crucchi e non sarà la stessa roba. Perché certi numeri erano riservati al Palatucker, diciamocelo. E perché come si imputtanizza e prostra il pubblico italiano non lo fa nessuno al mondo. E perché è così, dammi retta.
Ah, non ho comprato magliette. Ce n'era solo una e faceva cacare. Sul sito ufficiale ce ne sono un paio che vorrei prendere, ero pronto a farlo, ma non se le sono portate. Se non ci sono neanche in Germania, immagino le comprerò dal sito. O magari no.
Di seguito, filmati, a caso ma non troppo, pescati dal Tubo. Non è tutto quello che vorrei mettere, ma è molto. Ce ne sono sicuramente di migliori, ce ne sono sicuramente di peggiori. Io metto questi.
Chi legge su Facebook credo non li veda (ma si può sempre cliccare su "View Original Post" o qualsiasi cosa ci sia scritta lì sotto in italiano). Chi legge sotto un firewall brutto e cattivo, pure, è probabile che non li veda. Chi non legge, non li vede. Chi non c'era, suca.
Il meraviglioso ingresso (con audio fuori sincrono, però si vede bene. Dai, segnalatemene uno con l'audio a posto)
Pelle... oca... a 0:50 non ho capito più niente... a 7:19 non ho capito più UN CAZZO
Un cazzo, lui, un cazzo
Evidenza! ("Dai, è un po' Eros, però, cazzo") E Poker Face! ("Segaiolo di merda!")
Sorpresa!
Easy ("Cantate con noi!")
Ceneri (le ceneri)
LA CRISI!!! (madonna la marea tutta illuminata a metà video)
A G G R E S S I V E
IT'S IT!!!
Gloriosa vecchiaia
Chiusura ("Grazie mille Milanoooooo" - E Milazzo in Sicilia, pure)
E guarda che carini che erano diciassette anni fa!
Ah, comunque, c'era anche altra roba, domenica, al Palasharp. Io nel pomeriggio, dopo aver fatto due colazioni intorno alle 14:00, sono andato a guardarmi un film argentino su gente rapita, poi a farmi una doccia e mangiarmi un sorbetto fatto in casa. All'arrivo sul luogo del delitto si stavano esibendo dei vomitevoli pecorari chiamati Bring Me The Horizon. Già meglio i Latrina Coil, che non sono proprio roba mia, si sparano un po' troppe pose per non farmi ridere, ma perlomeno producono suoni dotati di senso. E la cover di Enjoy The Silence è pure carina (metterei il video di domenica, ma sul Tubo non lo trovo: qualcuno lo trova?)
E poi è toccato a Cicciopanza coi suoi Limp Bizkit. Che ok, My Generation, simpatica, e pure quell'altra, nuki, duki, suky, frouge, comecazzosichiama, però non ci posso fare niente, m'hanno annoiato a morte. Anche se sì, è vero, quando Cicciopanza ha detto "the world's most cheesiest song ever" e son partite le note della cover di Faith io mi sono improvvisamente ritrovato a saltare in mezzo al bordello. E se è vero che non voglio neanche iniziare a commentare quella cosa oscena che m'è toccato ascoltare in apertura del bis, è vero anche che le cose strane accadute su Take a Look Around sono state divertenti. Da metà in poi, soprattutto (anche se i gentili operatori sottolineano come si tratti di roba derivativa):
Arena di Verona spettacolo Acustica micidiale I romani ne sapevano a pacchi Mezzo concerto illuminato a giorno Saltellare fra i seggiolini Domenica Midlife Crisis
Scrivi questo, guarda quello, correggi quell'altro, mangia, dormi, l'articolo, la news, il blog su Nextgame, la foto su Facebook, i cazzi, i mazzi, Shirley, l'sms, la videocamera, la reflex, il cellulare, il chili, la conferenza, Fotone, Sorry, il ramen, Albertawesome, Ticketmaster (no, 300 dollari per gara 1 non li spendo, mi spiace). Scrivo qui, e scrivo lì, lo ribadisco in cross promotion, che ci ho messo alcune cosette che altrimenti avrei scritto qui. Un giorno tornerò, in che condizioni non lo so. Buona serata a tutti, io vado in fiera.
Su Next, oltre agli articoli "regolari" che non interessano a nessuno e soprattutto non interessano a me, c'è anche il blog "ufficiale" con le stronzate. Ci scriviamo tutti noi stronzi di Next che siamo a Los Angeles. Ci scrive anche Lorenzo "Fotone" Antonelli, che è veramente scemo e penso valga la pena di leggerlo. Specie quando parla di me e di casa mia. Io conto di scriverci soprattutto stronzate. Solo stronzate. Ce ne ho già scritte un paio, di stronzate. Se tu, proprio tu che mi leggi, per qualche strano motivo sei affezionato a questo mio blog e leggi regolarmente questo mio blog, ci tengo a farti sapere che questa settimana scrivo anche in quest'altro non mio blog che trovi a questo link qui, e ci scrivo delle stronzate. Perché sono stronzo.
P.S. Gli articoli "regolari" li spammo come al solito lì in basso a destra. Se stai leggendo questa roba su Facebook, è inutile che guardi lì in basso a destra: non c'è niente.
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