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12.5.14

Un giorno come tanti


Labor Day (USA, 2013)
di Jason Reitman
con Kate Winslet, Josh Brolin, Gattlin Griffith

Un giorno come tanti è il titolo previsto per la versione italiana di Labor Day, "prelevato" dal libro di Joyce Maynard su cui è basato. Sarebbe dovuto arrivare al cinema lo scorso marzo ma, da quel che leggo in giro, la Universal ha cambiato idea e non se n'è fatto nulla. Il motivo non credo sia stato reso esplicito, ma immagino che il sostanziale flop al botteghino americano e la raffica di schiaffi rifilata dalla critica, con un bel 33% al pomodorometro, abbiano giocato un ruolo nella decisione. Fra gli schiaffi, però, emerge qualche voce fuori dal coro e devo dire che io mi schiero da quella parte, perché Labor Day è sì un film spiazzante o comunque lontano anni luce dai precedenti di Jason Reitman ed è sì un melodramma zuccheroso e sempre a un passo dallo sfondare la barriera del ridicolo, però, per come la vedo io, quel passo non lo compie.

L'unico, vero, elemento ricorrente dei film di Reitman che si trova anche qui sta nel proporre un protagonista con ampi tratti negativi (questa volta un evaso di prigione), ma per il resto non c'è traccia del tono da commedia sarcastica e del ritmo di Thank You For Smoking, Juno, Tra le nuvole e Young Adult. Ci si tuffa invece in un melodrammone molto più semplice, classico, se vogliamo anche ingenuo. Un film tutto incentrato su sguardi, gesti e silenzi, di quelli in cui non succede poi nulla di sorprendente e, anzi, ogni singolo elemento fa quel che ci si aspetta, ma gli attori sono talmente bravi e il regista fa funzionare tutto talmente bene che non puoi fare a meno di fartene rapire. O di esserne disgustato, anche, se la zuccherosità ti provoca esplosioni allergiche.

Ci sono dei problemi, per carità, e il finale, forse, quel passo di troppo lo fa, ma Reitman riesce a tenere ogni cosa assieme con una padronanza se vogliamo anche insospettabile, visto il distacco dalle sue precedenti regie, ed è facile lasciarsi trasportare dal calore e dalla passione che emergono in maniera brutale, senza alcuna vergogna. Insomma, Labor Day è un film che funziona. Funziona l'utilizzo dei flashback per raccontare il passato del personaggio di Josh Brolin senza usare una singola parola. Funziona a meraviglia il modo in cui Reitman si sofferma sugli sguardi, gli accenni, le piccole cose, per raccontare tanto. E funzionano anche quegli improvvisi momenti di tensione, in cui ci si stacca dalle storie di famiglia e la realtà torna a ricordarci che, di fondo, stiamo seguendo le vicende di un evaso di prigione. Dove magari il film perde è nelle occasioni in cui si affida troppo alla voce narrante e al raccontare tramite le parole, ma quando Reitman ha il coraggio di dedicarsi completamente allo sguardo, ai suoni e al profumo, dimostra ancora una volta di essere uno fra i migliori e (ormai non più tanto) nuovi registi in attività.

L'ho visto qua a Parigi, al cinema, in lingua originale, che merita perché gli attori son davvero tutti molto bravi e ascoltarli come si deve fa tanto. Non ho veramente idea di se e quando possa arrivare in Italia.

1 commenti:

Lei è meravigliosa, come sempre! La comunicatività dei suoi gesti e dei suoi sguardi scuote, sorprende ed avvicina al personaggio malinconico e vinto.
Credo che questo film sia un capolavoro. Sicuramente non per tutti.

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