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19.5.14

American Horror Story: Murder House


American Horror Story: Murder House (USA, 2011)
creato da Ryan Murphy e Brad Falchuk
con Dylan McDermott, Connie Britton, Evan Peters, Taissa Farmiga, Jessica Lange

Mi sono avvicinato ad American Horror Story senza saperne sostanzialmente nulla, se non i nomi dei creatori, che c'era Connie Britton in un ruolo un po' diverso da quello di Friday Night Lights (anche se, a conti fatti, più che il ruolo è diverso il genere del racconto) e che, beh, sta scritto nel titolo, era un telefilm horror. Il motivo per cui ho aspettato oltre due anni per provare a guardarlo è difficile identificarlo, ma direi che è sostanzialmente il whatever che mi porta a seguire le serie TV un po' a caso, come capita, guardando magari quattro stagioni in botta per poi mollare lì e recuperare anni dopo, seguendo e gradendo le prime due annate di qualcosa per poi dimenticarmene completamente e ciao. Cose così. Ecco, è capitato che, per un motivo o per l'altro, non mi sono mai messo a guardare American Horror Story fino a che non me lo sono ritrovato davanti qua su Canalsat e allora perché no?

In fondo non ho mai seguito Glee, ma sono un discreto amante di Nip/Tuck (e ancora mi spiace che il post sulla stagione conclusiva sia finito nel gorgo di quelli creati qua su Blogger e mai riempiti), ero abbastanza curioso di scoprire cosa cacchio avessero tirato fuori Murphy e Falchuk da una serie horror e sentivo parlare solo bene delle interpretazioni degli attori coinvolti. E quindi, di nuovo, perché no? E insomma, via, mi guardo il primo episodio e mi ritrovo al termine con sopra alla testa un punto di domanda vorticante, generato dal folle minestrone di roba che i due simpatici amiconi hanno infilato a forza dentro quarantacinque minuti. In quel primo episodio, praticamente, c'è tutto e il contrario di tutto. Qualsiasi cliché dell'horror possa venire in mente, qualsiasi genere di "buh", di tecnica per provare a provocar tensione, di giochetti del vedo/non vedo, di trovate tipiche da storia di case infestate... c'è tutto, frullato attraverso lo stile esagerato e camp che ci si aspetta da loro. O che perlomeno mi aspetto io dopo aver guardato tutto Nip/Tuck e non aver visto nulla di Glee. Insomma, è il telefilm dell'orrore di chi ci ha raccontato della McNamara/Troy. Che gli vuoi dire?

E se il primo episodio lascia un po' spaesati, dopo averci fatto la tara ci si diverte parecchio. Certo, gli spaventi son pochini, almeno per quanto mi riguarda, ma davvero lo spirito è quello del luna park dell'orrore, come per altro sembrano voler sottolineare gli autori stessi con quel continuo insistere sulla faccenda della visita guidata alle ville e più in generale con la struttura degli episodi, che fino a un certo punto sono tutti dedicati al cliché horror della settimana. E alla fin fine tutti quei cliché e quelle trovate viste mille volte sono mescolati in maniera interessante, con in più il bonus di riuscire a spingere su tematiche e su un modo di metterle in scena che, forse, in televisione non sono proprio all'ordine del giorno (anche se ormai, fra le budella di The Walking Dead e il sesso di qualsiasi cosa passi sulla HBO... ). Ma fosse tutto qui, insomma, American Horror Story sarebbe una roba gradevole ma trascurabile. E invece ci sono un paio di altri aspetti che mi han fatto venire voglia di proseguire con la seconda stagione, appena mi farò trascinare dallo spirito del whatever.

Tanto per cominciare, sotto quel tripudio di cose messe in fila un po' alla come capita c'è una storia. Nulla di particolarmente nuovo o sconvolgente, ma con i suoi bei momenti, una serie di personaggi ben scritti e in generale una coerenza di fondo ben più solida di quanto inizialmente possa sembrare. Se fino a un certo punto sembra essere tutto un gran susseguirsi di MACCOSA, poi scatta la rivelazione a sorpresa che non solo, una volta tanto, mi ha più o meno colto in contropiede, ma riesce pure a spazzare via quasi tutte le incongruenze aggiungendo un tassello fondamentale nel funzionamento dei vari meccanismi che regolano la mitologia del racconto. E oltretutto dà il via all'ultima botta di malinconico dramma su cui la stagione si adagia fino al gran finale.A questo si aggiunge l'ottimo cast, azzeccato nelle scelte e quasi tutto notevole nelle interpretazioni: Jessica Lange si magna tutti quanti, ma anche gli altri fanno decisamente il proprio dovere. E poi c'è l'idea della serie antologica, che apre e chiude un racconto per poi passare ad altro e che concettualmente mi piace molto. Insomma, niente per cui strapparsi i capelli, ma mi sono divertito parecchio, ho trovato un intreccio che su un paio di aspetti mi ha sorpreso e voglio andare avanti.

Come detto, ho visto che sulla TV di Free (il mio provider telefonico e internettaro qua in Francia) stavano dando per intero le tre stagioni in accaddì e, beh, le ho registrate. Me le guardo con calma, in lingua originale, assaporandomi Jessicona.

5 commenti:

Devo dire che mi hai messo voglia, già mi incuriosiva ma pure io non ho mai iniziato a vederla perchè boh. Più avanti, mi dicevo.
C'è un numero minimo di episodi consigliabili per farsi un'idea generale? Vorrei evitare di mollare tipo al terzo per poi scoprire che diventava una figata dal quarto. :D

Guarda, con me ci ha messo in effetti qualche episodio per ingranare definitivamente, però onestamente non saprei darti un'indicazione precisa perché è passata qualche settimana. Va anche detto che son 12 episodi, insomma, non è questo grande impegno.

Fra l'altro mi dicono benissimo della seconda stagione. :)

Avendolo visto 2 anni fa, facico fatica a seguirti... la rivelazione a sorpresa sarebbe relativa a Tate?

Eh la seconda stagione... Sarò curiosissimo di leggerne il tuo commento, una volta che l'avrai vista.
Io posso dire che, pur avendo sin'ora presentato 3 annate decisamente diverse tra loro, in famiglia sino ad ora un motivo per continuare a seguire AHS l'abbiamo sempre trovato. :)

Ah, usti, come no! :D

(Dio come scrivo da bestia quando c'è casino in ufficio...)

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