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1.2.12

Friday Night Lights - Stagione 5


Friday Night Lights - Season 5 (USA, 2010/2011)
creato da Peter Berg, Brian Grazer, Jason Katims
con Kyle Chandler, Connie Britton, Aimee Teegarden, Michael B. Jordan, Junee Smollett, Matt Lauria, Madison Burge, Taylor Kitsch, Zach Gilford

C'è un momento, verso metà del primo episodio di questa quinta e ultima stagione, che riassume un po' tutto quel che è Friday Night Lights. È la classica puntata di avvio, che fa i conti con quel che ci si sta  lasciando alle spalle e butta lì un po' di premesse per quel che verrà. È un episodio malinconico, in cui viene mostrato il destino di Riggins (per la prima volta ridotto a guest star) e si osservano gli addii (o presunti tali) di alcuni personaggi. E, appunto, verso metà episodio, c'è questa scena in cui Landry, che si sta preparando ad abbandonare Dillon per andarsene all'università, va a casa di Saracen, per salutarne la nonna. È un momento breve, di chiacchiera spicciola, basato su pochi gesti e sguardi, in cui con una semplice occhiata Jesse Plemons ricorda a tutti di saper comunicare tantissimo con molto poco. È un momento dedicato a due personaggi secondari, di contorno, partiti per essere niente altro che ciccia con cui dare sostanza ai protagonisti. Eppure mette addosso una tristezza e una malinconia incalcolabili.

Perché? Perché Friday Night Lights è questo. È la capacità di scrivere e tratteggiare con due pennellate personaggi credibili e realistici, di farteli entrare nel cuore senza che tu neanche te ne accorga. Nel corso di cinque splendide annate, capaci di sopravvivere ai propri alti e bassi grazie alla bravura di chi ne scriveva le vicende e all'intensità di chi le interpretava, gli abitanti di Dillon hanno messo in scena una vera e propria famiglia della quale è difficile fare a meno. Un racconto coerente, ampio, capace di evolversi anche superando le difficoltà di un'idea di base che costringe ad abbandonare personaggi amati e introdurne nuovi. Portando avanti tale idea anche con discreto coraggio, per quanto comprensibilmente, ma anche in maniera coerente con lo sviluppo del racconto, più di uno "scomparso" abbia poi avuto le sue occasioni per tornare a far capolino. Un'attenzione al reale e una voglia di stupire raccontando la tragica banalità, il barboso e normale vivere, senza dover ricorrere a stratagemmi (e, anzi, sfiorando i momenti peggiori della serie proprio quando, nel secondo anno, c'è stato un tentativo di deviare dal seminato). Un telefilm capace di andare avanti per cinque anni mettendo al centro delle vicende una famiglia più che normale, senza tradimenti, menzogne o doppi giochi, ma solo avendo a che fare con l'assurda banalità di una cittadina texana in cui tutto è subordinato alla squadra di football del liceo.

Ed è questa capacità di raccontare personaggi e vicende in maniera terrena, umana, di trasformare anche le idee più semplici, banali, viste mille volte in momenti di grande televisione e di narrativa appassionante, di dare un taglio così vibrante, intenso, ai limiti del difficile da sopportare per il modo in cui ti fa vivere le storie dei suoi protagonisti, ad aver reso Friday Night Lights tanto grande. Una serie televisiva che parla di football mentre racconta tutt'altro e che riesce ad essere fra le migliori robe mai viste in TV e, probabilmente, fra le migliori produzioni televisive capaci di parlare di sport, adolescenza, umanità. In grado di farti appassionare talmente tanto alle vicende umane da renderti credibile il lato sportivo anche quando ti racconta di una squadra col record mondiale di partite vinte all'ultimo secondo o ti incentra gran parte dell'ultima stagione sul fatto che un personaggio, pur essendo secondo miglior giocatore e perno di attacco e difesa di una squadra da titolo, non riesce a trovare posto in università di livello.

L'ultima annata, poi, è una delizia di malinconico equilibrio, che mescola la necessità di regalare tristi addii, risolvere i mille fili lasciati in sospeso, chiudere adeguatamente un ciclo. I discorsi aperti nell'anno precedente, assieme alle gradevoli novità (su tutte il paio di nuovi giocatori, magari poco approfonditi, ma come al solito ben tratteggiati), raggiungono tutti qui degna conclusione. L'evoluzione dei rapporti fra i vari personaggi si chiude in maniera struggente, con un continuo crescendo e, inevitabilmente, è quello fra Vince e coach Taylor a svettare su tutti, così ben rappresentato dall'abbraccio nel penultimo episodio sulle note di "Devil Town", mentre attorno a loro gli East Dillon Lions stanno per essere sgretolati.

E poi ancora il crescendo degli eventi, la tensione nella decisione che coach Taylor e la sua famiglia devono prendere, lo struggente rapporto fra Vince e i propri genitori, il bel racconto della ricerca di affermazione da parte di Jess, l'evoluzione del personaggio di Becky e del suo adorabile rapporto con Luke (e che brava Madison Burge!), quei semplici, malinconici momenti in cui i ragazzini della squadra si trovano a chiacchierare fra di loro prima delle partite (bellissima, bellissima, bellissima la scena del quinto episodio, in trasferta, la sera, subito fuori dalle camere d'albergo a parlare sotto le stelle). E poi, inevitabilmente, ci si prende anche il tempo per un saluto a chi è scomparso da tempo, magari semplicemente citandolo, oppure facendolo tornare in maniera discreta, come in quell'ultima apparizione di Street. Certo, non è tutto perfetto, non va tutto a meraviglia, e il ritorno di Tyra, per quanto gradito, sembra davvero fuori posto, vuoi perché è ridicolo che non si conceda neanche un momento di riconciliazione con Landry, vuoi perché sembra che le sue azioni fossero state scritte per Lyla ma l'attrice non era disponibile.

Ma i difetti son poca cosa, soprattutto poi quando ti trovi di fronte a un'ultima puntata del genere. A come si apre con quelle interviste, chiudendo in qualche modo il cerchio col primissimo episodio che cinque anni prima era stato uno fra i migliori momenti di serie TV che si siano mai visti. Al delizioso balbettare di Zach Gilford. All'ultima volta che guarderai quella struggente sigla di testa. A tutti quei momenti che sanno di addio e fanno male al cuore. A quel bel parallelo al ristorante fra le due coppie della famiglia Taylor. E a quei dieci minuti conclusivi, che raccontano in una maniera tutta particolare l'ultima partita degli East Dillon Lions, fuggendo dagli estremismi da film sportivo che sarebbe tutto sommato lecito attendersi per un gran finale. Giocando anzi al ribasso, puntando quasi solo su musica e immagini, con poche parole talmente di contorno che fanno colonna sonora, lasciando poi appesi lì e chiudendo tutto in maniera elegante con quell'epilogo a posteriori. E poi Philadelphia. E poi wow. Lacrime, titoli di coda, filmati a caso da Youtube.






Certo, gli Emmy vinti solo all'ultima stagione sanno un po' di premio alla carriera dato quando proprio non si poteva farne a meno, but still. La quinta stagione di Friday Night Lights l'ho guardata un po' di tempo fa. Non troppo, ma un po'. M'è venuta voglia di scriverne adesso perché sto finalmente leggendo il libro da cui è nato tutto, perché mi sembra un po' assurdo che di tutte le serie che guardo non scrivo mai il post sulla stagione conclusiva e perché in fondo è un'altra occasione per far presente a chi mi legge che questa roba merita per davvero. Come le precedenti, l'ho guardata grazie al cofano in DVD Zona 1. Lingua originale, Texas forever, BBQ, g'bye y'all.

14 commenti:

La sto per cominciare ora, motivato dal post.

La quinta stagione o proprio tutta la serie? In ogni caso, bravo. :D

Se non l'hai mai visto merita anche il film.

Senz'altro provvederò, anche se la mia esperienza di football si ferma tutta a Pacino che allena e urla.

La cosa è ininfluente. :)

Cmq, magari è tardi, e alla fine sticazzi, però secondo me va visto prima il film del telefilm. Non che siano collegati, però, boh...

No, dai, non dirmi così, dovrei addirittura recuperare il DVD. E al momento sono sdivanato con la serie davanti al naso :)

Hahahahha, hai già visto tutto a maratona? :D

Ahahah, no, solo tre episodi, ma mi bastano per un giudizio.

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