Spy

Scemenze action

Babadook

Incubi e allegorie

Terminator Genisys

È tornato (purtroppo)

'71

Quando a Belfast si viveva tranquilli

Poltergeist

Potevamo tranquillamente farne a meno

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

31.8.11

Italia vs Serbia - 68 a 80


Nell'estate del 2007 ero lanciatissimo a seguire la nazionale di pallacanestro qua sul blog, commentavo praticamente tutte le partite che riuscivo a guardare in maniera accurata e logorroica, mi ero fatto l'abbonamento su non so quale sito spagnolo per poter seguire comodamente le partite, anche in differita (dato che mi stavo anche barcamenando fra vacanze e press tour) e mi ero divertito un sacco, nonostante poi alla fin fine fosse finito tutto in vacca contro la Germania di Dirkone bello. Da allora a oggi, sono trascorsi quattro anni durante i quali la nazionale italiana ha regalato prestazioni che andavano dal mediocre al "madonna che schifo", ha cambiato allenatore e non è mai riuscita a qualificarsi per un torneo che fosse uno. Tecnicamente non ci sarebbe riuscita neanche l'anno scorso, alle qualificazioni per Eurobasket 2011, ma poi hanno allargato la quota iscritti e siamo finiti dentro. Bene così.

E quindi oggi sono cominciati gli Europei di pallacanestro del 2011, che ovviamente valgono per qualificarsi alle olimpiadi di Londra dell'anno prossimo. Sono a disposizione due posti, che andranno quindi alle due squadre finaliste. A meno che in finale non ci vada l'Inghilterra ma, insomma, ecco, su, dai. Altre cose che sono successe dal 2007 a oggi? Gli USA sono tornati a dettare legge nel mondo vincendo Olimpiadi e Mondiali con squadre cariche di talento e che giocavano impegnandosi e volendosi tanto bene, e siamo arrivati perfino al punto che i giornalisti americani ritengono che passare l'estate in nazionale faccia bene ai giocatori. La Spagna, dopo la colossale rosicata in casa del 2007 e dopo aver inevitabilmente sucato duro contro gli USA a Pechino, ha finalmente vinto gli Europei del 2009, per poi tornare a rosicare durissimo l'anno scorso, quando ai mondiali - da campione in carica - non è arrivata nemmeno in semifinale. La Serbia è diventata forte. Dirk Nowitzki è diventato il giocatore più immarcabile del pianeta e ha vinto un titolo NBA (bonus: uno anche per Jason Kidd). Io mi sono spostato a vivere in Germania. Italia e Germania giocano nello stesso gruppo della prima fase, domani ore 21:00, mi raccomando tutti davanti alla TV.

Io, domani, davanti alla TV, non ci sarò. O comunque arrivo tardi, perché sono al cinema a guardare uno o due film horror del Fantasy Film Fest (ne parliamo fra una settimana, credo). Ma insomma, sarà divertente tifare contro chi mi circonda. Chissà quanto è popolare, la pallacanestro, qua a Monaco? Boh, lo scoprirò presto (tipo magari stasera, alle 21:00, che giocano contro Israele). Oggi, invece, è come detto cominciato il torneo. L'Italia veniva da una preparazione decorosa, durante la quale ha perfino mostrato del carattere con quella vittoria al secondo supplementare contro la Grecia, durante la quale ovviamente si è discusso dell'opportunità di lasciare a casa questo o quello (Poeta e Crosariol i più gettonati), ma soprattutto durante la quale, per la prima volta da quell'infortunio del 2007, Gallinari era in campo assieme a Bargnani e Belinelli. Eh, sì, quella di oggi era la prima partita di Gallinari in Nazionale in un torneo serio. E l'ha giocata molto bene, fra l'altro. Al contrario degli altri due che praticamente non si sono visti, se non per le sparacchiate in giro di Belinelli. Eh.

Comunque, prima partita del torneo, contro una Serbia che è la squadra di tendenza degli ultimi anni, e che sul sito ufficiale della manifestazione veniva indicata come il match clou del giorno. E in effetti, dai, ha senso, se dell'Italia valuti il potenziale e il fatto che per qualche strana gabola nel ranking FIBA stiamo ancora sopra ai serbi. Solo che a vederla così poi ci si deprime per la sconfitta, quindi cambiamo prospettiva, ricordandoci che è dall'argento di Atene 2004 (I waz there!) che la nazionale italiana non combina nulla: si è giocato sostanzialmente alla pari, dominando le fasi iniziali, piazzando dei bei parziali, giocandosela decentemente fino al tragico avvio dell'ultimo quarto, contro una squadra che due anni fa ha perso in finale contro la Spagna, mentre l'anno scorso ha sturato proprio quella stessa Spagna ai quarti di finale dei mondiali turchi ed è andata a un canestro dall'eliminare i padroni di casa e giocarsi la finale con gli USA.

Bene così, quindi? Ma sì, dai, anche se poi, alla fin fine, il problema è che, Pianigiani o non Pianigiani, a commentare 'sta partita vien da dire sempre le solite cose che vien da dire commentando una sconfitta che "fa bene", che "in fondo potevamo anche vincerla", che "guardiamo i lati positivi", che con la nazionale italiana va sempre così, E infatti boh, vai a sapere se da un avvio del genere poi si va in medaglia o si va a casa alla prima occasione buona. Vediamo come va avanti e divertiamoci, fra bestemmie e santini.

In apertura ho citato un bello e comodo servizio per guardare, anche in differita, le partite dell'Europeo 2007. Ecco, quest'anno, anche solo per capire a chi cacchio devo rivolgermi per seguire 'sto torneo come si deve, non si capisce niente. Mi fa sempre impazzire, 'sta cosa: la gente disposta a pagare per guardare qualcosa ha la vita scomodissima, non riesce mai a guardare le cose come e dove vuole e si suca le pubblicità antipirateria prima dei film. Gli altri, invece, vivono felici.

Captain America - Il primo vendicatore


Captain America - The First Avenger (USA, 2011)
di Joe Johnston
con Chris Evans, Hayley Atwell, Sebastian Stan, Hugo Weaving


In mezzo a tanti film che escono settimane, mesi, anni prima rispetto all'Italia, Captain America è al contrario uscito qui in Germania più tardi. Non so come cacchio è che funzionino 'ste cose, ma il risultato è che ho dovuto aspettare di tornare da Colonia per poterlo vedere e ne scrivo quindi adesso, a completare una tripletta di post un po' tutta supereroi. Bello, no? Comunque, Captain America mi è piaciuto. Arriverei quasi a dire che mi è piaciuto parecchio, ma non voglio allargarmi troppo. È stato però curioso andare a vederlo dopo averne letto un po' dappertutto sui siti e i blog che seguo regolarmente, soprattutto perché farsi un parere su come fosse questo film era impossibile. Captain America ha generato tutto lo spettro delle possibili opinioni su un film di supereroi in una scala che va da Elektra a Il cavaliere oscuro e il bello è che l'ha fatto non solo in termini di gradimento generale, ma anche proprio di pareri sui singoli elementi del film.

Per dire, da più parti ho letto che si prenderebbe molto (troppo) sul serio. Eh?

No, davvero: eh?

Ok, possiamo convenire che il protagonista è più serioso di un Tony Stark che fa il coglione dall'inizio alla fine di entrambi i suoi film, mentre ci sarebbe già da discuterne rispetto a Thor, che ok, fa ridere il suo calarsi nel contesto alieno della Terra e lanciare boccali in giro, ma passa mezzo film urlando "FOOL" a Anthony Hopkins e piangendosi addosso per il destino beffardo. Ma insomma, al di là del protagonista che sicuramente, fra l'afflato eroico e il taglio romantico/malinconico, si prende piuttosto sul serio... eh?

Fra le battutine che comunque il "brooklynese" tira fuori un po' di continuo, i suoi battibecchi con la, ehm, notevole Peggy, il simpatico Dominic Cooper nei panni del babbo di Stark, Tommy Lee Jones che fa Tommy Lee Jones, il dottor Zola che pare Fantozzi, la simpatia di Stanley Tucci... tutto mi sembra Captain America tranne un film che si prende troppo sul serio. Poi mi puoi venire a dire che il siparietto con Peggy che spara allo scudo non ti ha fatto ridere, e ok (a me sì), ma non è questo il punto. Il punto è che a me sembra la stessa roba di tutti gli altri, un filmetto simpatico, divertente, colorato e puffettoso, che scherza un sacco ma ha i suoi momenti in cui fa le cose per sul serio. Comunque la sto buttando un po' troppo sulla difensiva, cambiamo discorso.

Il primo vero limite di Captain America è che, come un po' tutti 'sti film, non riesce ad approfondire per davvero. Intuisce per bene quelli che sono gli elementi cardine del personaggio, ma li piazza lì in fila tanto per far numero, senza lavorarci bene attorno per davvero. Perché non c'è tempo, visto che bisogna raccontare tutto in due ore infilandoci dentro i nostri bravi collegamenti ai Vendicatori. Perché non c'è voglia, visto che poi alla fin fine sempre l'avventurona sbarazzina per tutta la famiglia bisogna tirar fuori. E magari anche perché non c'è troppa capacità, ci mancherebbe.

Fatto sta che Captain America ha comunque una parte iniziale molto riuscita, sia nel rendere quasi credibile il mingherlino macrocefalo, sia poi in tutto il processo di "maturazione" che passa dal teatrino della scimmietta ammaestrata all'eroe di grandi e piccini. È simpatica, divertente, riempie lo schermo con Hayley Atwell, ti butta lì le battutine di Tommy Lee Jones e racconta tutta la faccenda in maniera molto gradevole, con fra l'altro un Chris Evans che si impegna anche abbastanza a variare faccia, postura e atteggiamento in base all'evoluzione del personaggio. A fare l'attore e non solo l'omino Michelin, insomma. Poi, però, vengono fuori le magagne. Joe Johnston è in realtà piuttosto bravo a dare corpo al tutto, a imprimere una solidità narrativa e un senso del racconto che manca in altri film impegnati a stipare nelle due ore più scene ganze possibile. Il problema è che poi, quando servirebbero le scene ganze, non riesce a realizzarle, e tira invece fuori dell'azione di un piatto e un anonimo pazzesco. Il che, considerando che da metà in poi ci sono praticamente solo scazzottate e sparatorie, non è proprio il massimo.

Poi hai voglia a discutere di Chris Evans che non c'avrebbe il carisma di Capitan America quello vero, del Teschio Rosso che non vale un'unghia di quello dei fumetti, di questa e quell'altra cosa che a me proprio guarda interessano zero. Se la scena dell'assalto al treno fosse stata il momento spettacolare che uno s'aspetta su quella prima inquadratura, tutti sarebbero usciti dal film gasatissimi. E invece meh, casca uno da un treno e quasi non te ne accorgi. E lo stesso Evans, che pure preferisco quando fa quel che sa fare meglio (il coprotagonista sbarazzino, simpatico e talmente gagliardo che si magna il film), nel non riuscire a mettere veramente su schermo l'uomo più carismatico del pianeta che Cap dovrebbe essere ha secondo me molte meno colpe della messa in scena e della direzione degli attori da parte di Johnston.

Eppure, nonostante i limiti, che ci sono, Captain America mi è piaciuto. Molto? Sì, dai, molto. È un buon film che fa quel che deve fare, racconta una storia con un minimo di consistenza, infila dovunque strizzatine d'occhio e cosette per i fan, fra un baffetto di Dum Dum Dugan, uno Zola nel televisore, un "magari poi arriva il Soldato d'inverno" e via dicendo, elabora e riassume in maniera sensata un bel po' di storie originali, si incastona molto bene nel mega progetto dei Vendicatori, ha dei protagonisti simpatici e divertenti, ha un cattivo che magari non fa molto, ma è davvero figo da vedere (e da ascoltare, Weaving è sempre un piacere) e prosegue nel definire questo assurdo, colorato, scherzoso, divertente mondo Marvel cinematografico. In più ha il coraggio di prendersi i suoi giusti tempi nell'introdurre il ganzo con l'uniforme figa (anche se il rovescio della medaglia è una seconda metà di film che invece gestisce le cose un po' troppo sbrigativamente), e ha una bellissima parte conclusiva, con non uno ma addirittura due finali uno più bello dell'altro. E dopo i titoli di coda c'è pure il trailer hard on. Essù, dai.

L'ho visto qua a Monaco, nel solito bel cinema che mi fa i film in lingua originale, scegliendo accuratamente uno spettacolo in 2D, perché davvero non avevo voglia di vederlo in altra maniera. Fra l'altro per la prima volta ho fatto caso, scrutando i titoli di coda, a quanta caspita di gente lavora sul processo di conversione dal 2D al 3D. Una roba allucinante, per fare poi due sagome di cartone. Mah. Comunque, guardarlo in lingua originale è sfizioso perché gioca un sacco con gli accenti dei vari personaggi, più o meno minori. Tutta roba che con una traduzione si perde per forza. E, a proposito di traduzione, ma ho capito bene? Veramente dopo il giustiziere psicopatico che dice "io sono... de panisher!", dopo averci costretti a chiamarlo spaidermen, adesso pure questa? Cheptein America? Cacchio, ma è il suo grado, è un militare. Vabbuò, che poi arrivo giusto un filo in ritardo, a commentare questa cosa, quindi anche chissenefrega.

30.8.11

Lanterna Verde


Green Lantern (USA, 2011)
di Martin Campbell
con Ryan Reynolds, Blake Lively, Peter Sarsgaard, Mark Strong


Lanterna Verde è stato identificato come "film di supereroi da deridere dell'anno" da tempo immemore e non ne può uscire: vittoria no contest e fine. Il che, se vogliamo, è un risultato mica da ridere, nella stagione che vede sbarcare al cinema anche il manzo biondo vestito di blu con la A di America piantata in fronte e il film con gli dei nordici in armatura che si sparano le pose shakespeariane e un quarto di bue che lancia martelli come protagonista. Sarà per colpa dell'ombelico a vista. Quindi, insomma, è un film brutto e non si discute. Punto.

Ma lo è davvero, così brutto? Mah. Roger Ebert dice che gli è piaciuto più di Thor, e io non so se dargli torto. Alla fine è più o meno la stessa roba: un film pieno di luci colorate, mitologie arzigogolate, robe assurde e personaggi sgargianti che a fumetti funzionano ma per non renderli patetici al cinema ci devi infilare tante risate. Entrambi diretti dal solido regista d'esperienza che fa il possibile per dare dignità alla baracca. La differenza principale sta nel fatto che Lanterna Verde si sforza tantissimo di essere ganzo, mentre Thor si accontenta di essere manzo. Oddio, ci sarebbe anche la differenza che con Thor mi sono piuttosto annoiato, nonostante qualche risata, mentre tutto sommato Lanterna Verde m'è passato via liscio, placido, sereno e pure con qualche risata, anche se è un film palesemente più confusionario e sconclusionato.

Il problema principale di Lanterna Verde è che è stato scritto senza senso della misura. C'è dentro veramente una marea di roba, troppa troppissima. Alieni puffettosi che escono da ogni angolo, tre o quattro diverse fonti di potere, leggende, teorie, piani e cospirazioni in ogni dove, personaggi che si accumulano l'uno sull'altro, effetti speciali a catinelle, un turbinio di roba stipato a forza in due ore di film, a creare un saturo bignamino in cui tutto sembra tirato via, buttato lì per far numero e pazienza se non c'è tempo per raccontarlo davvero.

Martin Campbell fa comunque il suo e alla fin fine il film si regge decentemente in piedi, anche se a un certo punto ho avuto la netta impressione che chi ha curato il montaggio non ci stesse capendo più molto, perché davvero ci sono due tagli verso metà in cui ho perso il filo logico. Ma magari è un problema mio. Un problema del film, invece, è Ryan Reynolds, che si conferma a pieno titolo nel gruppo di quelli che se li metti a fare da spalla sono ottimi e a volte magari capita pure che si mangino il film, ma se devono reggerti la baracca da protagonisti, giocando solo di carisma perché la sceneggiatura si don dimenticati di scriverla, eh, improvvisamente la statura cala. Ma va pur detto che non sono molti quelli in grado di vincere e convincere con un compito ingrato del genere.

Tutto è sprecato, compresi degli effetti speciali come al solito più convincenti di come sembrasse dai trailer, perché tanto comunque non hai il tempo di osservarli, questi universi fantastici - mentre Thor, lui sì, perlomeno ci si beava convinto, nel farti curiosare con insistenza nei suoi mondi assurdi - e compreso Peter Sarsgaard, che si sforza, fa le faccette e interpreta un personaggio dal bel potenziale, ma non c'ha tempo di fare nient'altro che faccette. Insomma, ci siamo capiti: otto miliardi di cose potenzialmente interessanti, manco una che venga sfruttata come si deve.

E allora deridiamolo, questo pover'uomo dall'ombelico verde, perché così ci impone l'opinione pubblica. Anche se alla fin fine non è altro che un film in cui degli uomini colorati si combattono sparando cose colorate e creando mirabolanti effetti speciali con la forza della fantasia, come tante piccole Maghe Magò. Si sforza troppo senza riuscire in quasi nulla, ma alla fin fine passa via e provoca perfino un paio di risate. Sarà mica tanto diverso, Thor?

Il post lo pubblico adesso perché adesso il film esce in Italia e mi piace l'idea di cavalcare l'onda. Il film, però, l'ho visto in lingua originale, in un cinema di Monaco, un mesetto fa. In 3D. E il 3D faceva pena. Sembrava di guardare una roba fatta col motore grafico di Paper Mario, per quanto tutto risultava piatto (anche se devo dire che le robe luminose verdi erano molto luminose). Ho visto pochi film in 3D ma, da quel che mi ricordo, Avatar e Tron Legacy non m'hanno fatto questo effetto. Pure il trailer dei Tre Moschettieri dell'Anderson ganzo, proiettato prima di Lanterna Verde, m'è sembrato di tutt'altro spessore. Da questo deduco che a Lanterna Verde il 3D l'hanno appiccicato in postproduzione. Sbaglio?

29.8.11

Thor


Thor (USA, 2011)
di Kenneth Branagh
con Chris Hemsworth, Anthony Hopkins, Natalie Portman, Tom Hiddleston, Kat Dennings, Stellan Skarsgård


Dovendo riassumere quel che penso di Thor, potrei sostanzialmente dire che è come Iron Man, solo che le parti comiche fanno meno ridere, le scene d'azione sono meno coinvolgenti e la storia è più noiosa. E in molti, probabilmente, a questo punto si inserirebbero dicendo: "Beh, allora è come Iron Man 2!". Messa giù così, però, appare più deprimente del dovuto, e di quanto vorrei, anche perché poi sembra che voglia metterlo sullo stesso piano di quella polpettonata di L'incredibile Hulk, e lungi da me. In fondo Thor è un film che riesce a rendere guardabile una storia che racconta dei drammi familiari di divinità nordiche in armatura e dello sbarco sulla Terra di quelle stesse divinità sotto forma di supereroi. Insomma, dei fumetti Marvel. Ed è un bel risultato, specie se si ripensa a questa cosa qui.

Fra i pregi maggiori di questo Thor, comunque, almeno per quanto mi riguarda, c'è la messa in scena di un mondo veramente fantastico, luminoso, glorioso. È un film che non si vergogna dei suoi ponti di arcobaleno, dei suoi giganti di ghiaccio, delle sue pittoresche e titaniche figure, del suo Anthony Hopkins che gigioneggia in armatura. Non prova a nascondersi dietro tutine nere in pelle e ti schiaffa al contrario in faccia con coraggio e abnegazione il suo immaginario fantastico. E per quanto la potenza evocativa di Jack Kirby sia, ovviamente, tutt'altra faccenda, io questo l'ho apprezzato e l'ho trovato ben fatto, nonostante i mezzi tecnologici messi in campo non siano proprio quelli di James Cameron.

Certo, va pure detto che un Thor in tutina di pelle nera era un po' dura da tirar fuori, ma insomma, ci siamo capiti. Il merito, comunque, non so quanto sia di Kenneth Branagh, che di fondo non mi sembra abbia fatto chissà quali miracoli, ma sicuramente è molto del mega progetto Avengers. Perché alla fin fine questi film a episodi un po' tutti uguali l'uno all'altro, e che nella loro stessa natura trovano i propri limiti principali, sono riusciti a forgiare un immaginario visivo e narrativo che funziona, che trasporta sul grande schermo i fumettoni colorati riuscendo a dare loro dignità e credibilità all'interno di un universo simpatico, smargiasso, divertente, che si prende sul serio il giusto e funziona benissimo.

Certo, il rovescio della medaglia, in quello che comunque rimane un progetto bello ambizioso e che per il momento sta dando ragione ai suoi burattinai, è che ci ritroviamo fra le mani cinque o sei film un po' tutti uguali fra di loro, un po' tutti anonimi allo stesso modo, dove a conti fatti la differenza la fanno i momenti comici più riusciti e gli attori più bravi a cavalcare l'onda. E non è certo un caso se Robert Downey jr. si mangia tutto il resto, compreso probabilmente anche il film dell'anno prossimo (ma in Joss Whedon we trust).

Comunque sto divagando. Thor non mi ha fatto impazzire, perché le parti noiose mi hanno annoiato per davvero o magari semplicemente perché quella sera non ero predisposto, però alla fin fine è esattamente quella cosa lì. È colorato, è convinto, è divertente, quando vuole far ridere ci riesce benissimo, ci sono Samuel L. Jackson e Idris Elba, ha quei tre o quattro momenti da geek che mi han fatto venire i brividi, l'attrice che interpreta Lady Sif è una manza allucinante, c'è un cattivo un po' sottosfruttato ma davvero bravo e c'è pure quel pizzico di malinconico romanticismo che mi piace sempre. E poi c'è Natalie Portman, che è piccolina, è magretta, ha spaccato i maroni, ma cacchio, ogni volta riesce a sparare un sorrisone di quelli che se li vedi sullo schermo gigante al cinema poi non capisci più nulla per i successivi dieci minuti. Insomma, non condivido l'entusiasmo di altri, ma poteva andare molto peggio.

L'ho visto al puzzolente cinema Museum di Monaco, in 2D, oltre tre mesi fa. Ne scrivo adesso perché l'altro giorno sono andato a vedere Captain America e m'è venuta l'ispirazione. Ah, ovviamente era in lingua originale, ma insomma, non è che faccia tutta 'sta differenza. Credo. Anche se gli dei che si sparano le pose brit son divertenti

28.8.11

Cannes a Milano 2011


A maggio ho scritto questo post qua per lagnarmi del fatto che, per la prima volta dal 1996, non sarei riuscito a frequentare la rassegna di Cannes a Milano. Ovviamente, poi, di ritorno dall'E3, ancora pienamente jetlaggato, sono riuscito a seguirmi gli ultimi tre giorni, spremendone fuori sette film (che tutto sommato, a conti fatti, è poco meno della media tenuta negli ultimi anni di frequentazione, senza contare che pure l'anno scorso, sempre causa E3, avevo seguito solo tre giornate di rassegna). Poi non ne ho mai scritto, perché così è stato, ma ne scrivo adesso, perché siamo a fine agosto, fra un paio di settimane c'è a Milano la rassegna di Locarno e Venezia (qui tutte le informazioni, casomai interessasse) e a quella non ci vado di sicuro. E allora mi spiacerebbe non scrivere dell'ultima rassegna che mi sono fatto, no?

Bergamo Film Meeting
Sulla strada di casa (Italia)
di Emiliano Corapi
con Vinicio Marchioni

Terzo premio
La rassegna si chiamava "Cannes e dintorni" e i dintorni erano i film vincitori al Bergamo Film Meeting, dove questo Sulla strada di casa ha vinto il terzo premio (nel senso che è arrivato terzo in classifica, non che ne ha vinti tre). Di che si tratta? Di una storia un po' thriller, un po' poliziesco, un po' noir, un po' denuncia sociale, su un brav'uomo costretto dalla crisi economica ad accettare qualche compromesso di troppo. Un compromesso tira l'altro, ed ecco che si ritrova a fare da corriere per degli onesti imprenditori calabresi. Succederanno brutte cose. Da premesse del genere, uno tipicamente si aspetta il classico film italiano inguardabile e prono alla derisione, anche perché di Paolo Sorrentino non è che ne saltino fuori esattamente due o tre all'anno. E invece ecco che questo esordiente Corapi ti tira fuori una cosina guardabilissima, a tratti quasi emozionante, con un colpo di scena ben piazzato, che poteva risparmiarsi tutta la questione dei fiorellini ma tutto sommato fa simpatia per la voglia di far cinema di genere, senza spaccare i maroni con filosofeggiamenti e politicherie. Non credo sia stato ancora distribuito, vedo sta facendo il giro dei festival, se capita si merita una chance.

Un Certain Regard
E ora dove andiamo? (Francia/Libano)
di Nadine Labaki
con Nadine Labaki, Claude Baz Moussawbaa, Julian Farhat

Quattro anni dopo Caramel, Nadine Labaki dirige un altro film facile facile, che si costruisce una dignità tutta sua grazie ai temi trattati, ma che proprio quei temi non riesce ad approfondire o a raccontare con la giusta sostanza. Una favoletta, che fa ridere di gusto, ammalia con i simpatici inserti musical, piazza ad arte la svolta iper drammatica, ma ha la consistenza di una commediola americana a caso, solo con la "faccia" di un film da Festival di Cannes.

Selezione ufficiale - Concorso
Drive (USA)
di Nicolas Winding Refn
con Ryan Gosling, Carey Mulligan, Bryan Cranston, Albert Brooks, Ron Perlman

Premio per la miglior regia

A proposito di cose che hanno una faccia da Festival di Cannes pur essendo qualcosa d'altro. Questo qui è un film della madonna, è il mio film preferito della rassegna (dei sette che ho visto, chiaro), se la gioca ancora fra le cose più belle che ho visto nel 2011 ed è semplicemente una figata allucinante. Ne ho scritto a questo indirizzo qua ma, come sottolineavo in questo post qui, uomini migliori di me ne hanno scritto da quest'altra parte qua. In Italia esce a novembre, e ora di novembre, a furia di leggere da tutte le parti che è una figata, ci sarà un hype talmente alta che poi ne usciranno tutti delusi. Quindi leggetevi anche la recensione di Fulgenzio sul numero 7 di Players (a questo indirizzo qui), che ha gradito decisamente meno perché non capisce niente.

Quinzaine des Réalisateurs
Code Blue (Olanda)
di Urszula Antoniak
con Bien de Moor, Lars Eidinger, Annemarie Prins

Un'indagine approfondita, viscerale, malata, sordida, sulle difficoltà emotive, umane, sensoriali vissute da un'infermiera alle prese con disperazione, morte, malattia. Subito dopo il film migliore della mia rassegna, giusto per riportarmi coi piedi per terra, arriva una di quelle belle pellicole tutte perversioni sessuali, gioielli di famiglia in bella mostra, stupri, umori, allegria e vene tagliate. Leggo in giro che la regista ha diretto il film con l'intenzione di mettere a disagio lo spettatore e che parecchi, a Cannes, se ne sono usciti indignati dalla sala. Mi permetto di azzardare che siano usciti indignati perché il film era una porcheria, anche perché a Cannes si è visto e si vedrà ben di peggio che un seghino, un manrovescio e due tettine moleste. Però sicuramente non ho compreso la profondità dell'opera. Sarà stato il jet-lag che finalmente prendeva possesso di me.

Selezione ufficiale - Concorso
Polisse (Francia)
di Maïwenn Le Besco
con Karin Viard, Joey Starr, Marina Foïs

Premio della giuria

Un anno di non troppo quieto vivere nella Brigade for the Protection of Minors di Parigi, una squadra che si occupa di problematiche legati ai minori. Attori bravissimi, regia pseudo documentaristica, affascinante sia per le brutte realtà che mette in scena, sia per l'attenzione alla vita dei poliziotti che racconta. Un po' prolisso, con qualche svolta narrativa discutibile, ma bello e interessante. Ne ho scritto in maniera un po' più approfondita sul numero 7 di Players (sempre a questo indirizzo qui).

Quinzaine des Réalisateurs
The Island (Francia)
di Kamen Kalev
con Thure Lindhardt, Laetitia Casta, Bertille Chabert

Un tizio tedesco va in vacanza su un'isoletta Bulgara assieme a Laetitia Casta, con cui fa sesso un paio di volte, una delle quali in piscina, prima di accorgersi di essere in realtà Bulgaro e in vacanza sull'isoletta dove trascorreva le sue estati da bambino. A quel punto diventa mezzo scemo e il film, dopo una breve fase da commovente ricerca delle proprie origini, si trasforma in un'assurda farsa con pretese da indagine sociologica e delirante finale ambientato nella casa del Grande Fratello (bulgaro), da cui il nostro eroe si congeda con una serie di sermoni sulla natura umana. Qualche risata la strappa, va detto.

Selezione ufficiale - Concorso
Il ragazzo con la bicicletta (Belgio)
di Jean-Pierre Dardenne e Luc Dardenne
con Thomas Doret, Cécile De France, Jérémie Renier

Gran premio della giuria

Esattamente il film che uno si aspetta dai fratelli Dardenne, anche se forse un po' meno deprimente del film che uno si aspetta dai fratelli Dardenne, soprattutto perché a un certo punto arriva il momento in cui sei sicuro che i fratelli Dardenne stiano per tirarti uno dei loro proverbiali pugni nello stomaco e invece, toh, la vita si rialza dal fango e trova la forza di andare avanti come se niente fosse, nonostante sia un film dei fratelli Dardenne. Vite deprimenti, giovani senza speranza, incomprensione, tragedia, terremoto, smarrimento, ricordatevi tutti che c'è gente che sta molto peggio di voi e cose del genere. Mi è piaciuto più di quanto dovrebbe piacermi un film del genere, non mi è troppo chiara la ragione.

Eccoci, ce l'abbiamo fatta, quasi due mesi dopo, con in mezzo una Gamescom (e una GDC Europe), ho scritto anche di questa mia (probabilmente) ultima Cannes a Milano. Lacrimuccia. La vita va avanti. Un po' come in un film dei Dardenne. Un po' meglio, dai.

12.8.11

Crazy Stupid Gamescom


Ieri sono andato al cinema a vedere il film con James Franco che causa la distruzione del genere umano e la nascita del Pianeta delle Scimmie mentre Charlton Heston e Mark Wahlberg partono per Marte. Prima del film c'erano come sempre un po' di trailer, fra cui il solito trailer di Captain America che ho già visto circa centottanta volte (una in 3D) e che qua in Germania esce fra una settimana anche se sono giù usciti almeno tre film che in Italia arriveranno a settembre e che io ho quindi già visto (Super 8, Lanterna Verde, Le scimmie) e che quindi andrò a vedere dopo essere tornato da Colonia (Captain America, intendo). E poi c'era questo trailer.



Ora, è palesemente il tipo di film che non avrei mai voglia di andare a vedere al cinema, a meno che non ci sia modo di andare gratis a un'anteprima. Voglio dire, sono andato a vedere perfino Se scappi ti sposo, gratis a un'anteprima. Epperò è un film con Steve Carell, Emma Stone e Ryan Gosling. Cosa che lo rende già di base un film che vorrei vedere. Voglio dire, anche un film con uno solo di loro tre mi genera una certa voglia, figuriamoci uno con tutti e tre (e non è che Kevin Bacon, Julianne Moore e Marisa Tomei facciano schifo).

Eppoi Gosling di solito recita solo in film che hanno qualcosa di strano, quindi vai a sapere. Magari in realtà non è una commedia ma un film d'azione girato come se fosse un film del festival di Cannes. Oppure a un certo punto si scopre che Emma Stone ha il pisello. Cose del genere.

Eppoi i registi sono gli stessi di quel film con Jim Carrey ed Ewan McGregor che alla fine non ho mai visto ma l'adattamento italiano mi aveva comunque fatto incazzare. E insomma, mi sento quasi come se un po' glie lo dovessi, di andare a vedere questo.

Eppoi il trailer mi ha fatto ridere.

In realtà questo post sarebbe per dire che domenica parto per Colonia, causa Game Developers Conference Europe & Gamescom, e come al solito, per una settimana, se scrivo cose "da blog" finiscono da quell'altra parte, su Videogame.it. Farò tante belle cose, a Colonia, e se siete gente giusta sapete che almeno quelle legate alla GDC Europe dovrebbero interessarvi. Quindi seguiteci, suvvia.

10.8.11

Seecast


Da queste parti, quando si decide di fare una cosa, si ha la tendenza a perderne poi il controllo. Ed è così che da "a luglio mi sa che non registriamo Outcast" siamo passati a "quattro videocamere, sei microfoni, tre cavalletti, un regista, via in sala di montaggio". Outcast Show, il podcast che se proprio ci tenevi adesso ci puoi anche guardare. Trovate tutto a questo indirizzo qui.

Luglio era partito maluccio, ma poi mi si è acceso il fuoco sacro ed ecco che ho partorito una dozzina di post in un paio di settimane. Roba da gridare al miracolo, con l'aria che tira di questi tempi da queste parti. Purtroppo poi il fuoco s'è spento, e con esso pure il blog. Capita. Fra l'altro, dubito cambieranno molto le cose nell'immediato, visto che si avvicina Colonia. Però è stato bello, dai.

3.8.11

Nip/Tuck - Stagione 5


Nip/Tuck - Season 5 (USA, 2007/2009)
creato da Ryan Murphy
con Julian McMahon, Dylan Walsh, Joely Richardson, John Hensley, Roma Maffia, Kelly Clarkson, Sharon Gless, AnnaLynne McCord


La quinta stagione di Nip/Tuck aveva il potenziale pieno per essere la più bella. Una nuova situazione da cui ripartire, che si prestava benissimo a fornire tanti spunti interessanti per i personaggi. Un cast agguerrito e in forma come non mai. Un cattivo fra i più pungenti dell'intera serie. Una serie di trovate particolarmente azzeccate. Una svolta drammatica pesante e inattesa per il caro Christian. Poi, però, si è messo in mezzo lo sciopero degli sceneggiatori e bum, è un po' crollato tutto. O forse non è colpa dello sciopero e sarebbe andata così lo stesso, vai a sapere.

La partenza con i due galletti convinti di conquistare il mondo e che si ritrovano sommersi, tutti i nuovi ed eccellenti personaggi che emergono dal tuffo nel regno di Hollywood, l'inquietante incedere del thriller sempre più spinto che emerge di episodio in episodio, la subdola presenza di Eden e l'apprezzatissimo vagare per lo schermo della madre, l'idiozia di Aidan Queen, con un Bradley Cooper che sembra davvero interpretare se stesso e quel che sarebbe stato senza la botta di culo di The Hangover... è tutto delizioso, divertentissimo e appassionante, davvero. E davvero sembra che Nip/Tuck sia di nuovo in forma, forse in forma come non era mai stato.

E poi arriva quell'episodio di metà stagione, che chiude tutto prima della pausa dovuta allo sciopero degli sceneggiatori. Bellissimo, agghiacciante, con un crescendo finale da palpitazioni e respiro mozzato. Una vera e propria bomba in faccia, che ti lascia di sasso, a boccheggiare chiedendone ancora. Spettacolo. Insomma, lo sciopero degli sceneggiatori ci ha regalato uno fra gli episodi più appassionanti di tutto Nip/Tuck. Figata. Il problema è che nel farlo ha mozzato in due la quinta stagione, imprimendole un taglio da cui non si è più ripresa.

La seconda parte, trasmessa poco meno di un anno dopo, fa una fatica pazzesca a riprendere in mano le questioni, a rimettersi in carreggiata. Non riesce a mantenere lo stesso livello di densità, chiude malamente la maggior parte dei discorsi e finisce per lasciare addosso un forte senso di insoddisfazione e di incompiuto. Non un disastro, certo, perché rimane comunque il solito divertente bel vedere, ma il tonfo rispetto alle premesse poste da quei primi quattordici episodi, beh, sì, è abbastanza disastroso. Peccato, anche se, oh, per uno che ha tirato avanti fino a qui, e che quindi il delirante mondo di Nip/Tuck ce l'ha evidentemente nelle sue corde, va comunque più che bene.

La quinta stagione di Nip/Tuck l'ho vista tutta assieme, senza aspettare un anno fra l'episodio quattordici e l'episodio quindici, qualche mese fa, nello scintillante splendore della lingua originale offerta dal cofanetto DVD. Ne scrivo adesso all'insegna del programma "Quasi me ne dimenticavo", infoiato dal fatto di stare guardando la sesta.

1.8.11

Splice


Splice (USA, 2009)
di Vincenzo Natali
con Adrien Brody, Sarah Polley, Delphine Chanéac


Cube, il fulminante esordio di Vincenzo Natali che sembrava doverlo lanciare fortissimamente nel firmamento hollywoodiano e invece, a distanza di ben oltre dieci anni, pare non averlo lanciato proprio da nessuna parte, lo vidi al cinema, insieme a Surgo (attuale Vater Nintendo di Outcast) e Ualone (attuale Ibrahimovic di PSMania 2.0). E mi fece quell'impressione strana che tendono a farmi tutte le cose a cui mi avvicino dopo settimane di “no madonna guardalo è una figata allucinante e davvero è innovativo questo è un gran regista farà strada è pazzesco ci sta troppo dentro spacca”. Immagino non ci sia bisogno di specificare l'impressione.

Ma specifichiamola: meh. Soprattutto, a fronte di un'idea davvero figa e di una regia che non si può fare a meno di definire piuttosto efficace, specie se consideriamo il budget da due caciotte e tre peperoni con cui era stato prodotto il film, non ero proprio riuscito ad appassionarmi alle vicende, a causa del modo in cui venivano raccontate. I dialoghi, soprattutto, erano da mani in faccia. In faccia a chi li aveva scritti. E se son sempre pronto a dare il beneficio del dubbio in nome della (bassa) qualità media dei doppiaggi delle opere minori estive, molto meno sono in grado di concedere al personaggio dello scemo, davvero intollerabile per concezione e utilizzo.

Comunque questo post si chiama Splice, e adesso parlo di Splice, ma avevo voglia di riempire un po', perché su Splice non è che abbia molto da dire. Dopo The Cube, Natali ha diretto una serie di robe talmente riuscite e apprezzate che manco mi ricordo cosa siano. Con Splice è un po' tornato agli onori della cronaca, anche se non mi è troppo chiaro il motivo. Forse perché si parla di genetica, che ultimamente fa una gran tendenza? Forse perché c'era come protagonista un Adrien Brody già intento a distruggere ogni ombra di credito guadagnato agli Oscar interpretando qualsiasi cosa gli passasse davanti, ma ancora lontano dal completare l'opera? Forse perché ha scelto i protagonisti in base alla canappia? Vai a sapere.

Fatto sta che Splice me lo sono guardato durante il viaggio di andata per l'E3 di quest'anno, sullo schermo del mio laptop. Ed è sempre una bella esperienza, guardare un film del genere in aereo, con la bambina dell'altra fila ferma di fianco a te mentre fa la coda per andare in bagno, incuriosita dalle immagini, che si mette a osservare lo schermo proprio mentre Adrien Brody si sta scopando una tizia tutta ignuda, con la faccia a forma di pene e le ali belle colorate. Ma sto divagando.

L'ho già detto che non ho molto da dire su questo film? È un film coraggioso, se vogliamo, perché affronta temi tutto sommato delicati in maniera magari un po' banale, ma senza tirarsi particolarmente indietro, dicendo anzi tutto quello che vuole dire e regalando personaggi che non disdegnano una gravidanza figlia dell'illecito genetico. Certo, si poggia sul classico moralismo da film horror, regalando brutte fini a protagonisti dalla dubbia moralità, all'insegna del classico “chi è causa del suo mal... “, ma intanto li usa, quei protagonisti dalla dubbia moralità, senza mettere in scena un singolo essere umano degno di rispetto (oddio, uno ce ne sarebbe, ma appare poco e comunque muore anche lui come un fesso). Ha inoltre il coraggio dello schifo e del disgusto, pure un po' pruriginoso, ed è tutto sommato piuttosto divertente. Da spararsi in aereo, specie col bonus dello scandalizzare chi ti siede a fianco, va benissimo. Ha lanciato Vincenzo Natali nel firmamento hollywoodiano? Non mi pare.

L'ho visto per l'appunto circa un mese fa, in lingua originale, senza sottotitoli. Non è esattamente una pellicola dalla scrittura sopraffina e dalla recitazione imperdibile, anche se mi sembra comunque scritto in maniera molto meno fastidiosa di The Cube, ma d'altra parte è proprio il classico film che tende a giungere in Italia adattato a cazzo di cane. In aereo, di fianco a me, c'era Fotone, che aveva già visto il film e nonostante questo, quando gli cadeva l'occhio sul mio schermo, provava schifo. Magari era colpa dello schermo.

 
cookieassistant.com