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16.12.08

CHA-CHACK!

Mi sfugge il motivo per cui insisto ad andare a dormire ben oltre le due di notte anche quando il giorno dopo devo svegliami a orari improbabili (che so, le cinque) per affrontare viaggi interminabili. Però lo faccio, e parto quindi sempre bene. Sedici ore dopo essermi svegliato alle cinque, atterro a Los Angeles. Nel mezzo, un viaggio in taxi, l'incontro casuale in Malpensa con dei brutti ceffi diretti a un altro evento in quel di Londra, le due ore di volo verso Londra, il ritardo nell'uscita dall'aereo perché non sta arrivando la cazzo di scaletta, la corsa per raggiungere il nuovo aereo, dieci ore sopra l'oceano in cui ho letto tutte le riviste possibili, ho finalmente scritto un po' di roba da sbattere qua dentro, ho giocato a una versione NDS di Metal Slug 7 che fa sembrare curate le conversioni su PC di Konami e mi sono guardato Tropic Thunder.

Uno dice “sei atterrato, adesso sei a posto”, ma probabilmente quell'uno non è mai stato negli USA, perché altrimenti saprebbe che all'immigrazione un'oretta di coda non te la negano mai. A quel punto, finalmente, esco, piglio l'autobus, raggiungo il ristorante dove ci si becca con la gente di Koch Media e gli altri giornalisti e mangio chiacchierando un po', fra l'altro narrando meraviglie sugli aspetti più affascinanti del mio Bel Paese (che so, Berlusconi, la mafia, Berlusconi, la crisi, Berlusconi, queste cose qui). Dato che evidentemente una minchiata tira l'altra, si abbandona il ristorante alle 16:30 invece che alle 15:00. Grosso errore.

Due ore di traffico solo per uscire dalla ridente cittadina, poi si parcheggia in una stazione di sosta a caso e si aspetta un altro autobus, perché al nostro, sai com'è, s'è rotta la batteria. Intanto si cena a patatine e coca cola. Ore dopo, all'arrivo nel resort in mezzo al deserto, mi aspetta una bistecchina che mangio anche volentieri. Ma siccome sto crollando, subito dopo mi infilo in camera, ovviamente gelida, perché il deserto, di notte, se non accendi il riscaldamento, è gelido. Una camera gelida, nel deserto, ventisette ore dopo essere uscito di casa, ventotto ore dopo essermi svegliato, con due ore di sonno sulle spalle. Ah, che figata di lavoro che fai, ah, i viaggi gratis in giro per il mondo, ah! Ah! Ah! A-ha!

Detto che come mio solito subisco il jet-lag svegliandomi alle sei, o qualcosa del genere, devo ammettere che la giornata intera trascorsa sul luogo è stata una bella giornata. Il deserto, mamma mia, ancora non capisco bene per quale motivo ma è un genere di paesaggio che adoro. Sarà il silenzio, sarà il nulla, sarà il caldo asciuttissimo e piacevolissimo (certo, magari non ad agosto), ma veramente ci sguazzo. E infatti, dopo una colazioncina basata su due o tre bicchieri di beverone contenente credo della caffeina e un dolce dagli ignoti ingredienti, ingurgitati chiacchierando con dei californiani a caso, un tedesco che vive a San Francisco e una francese grossa il doppio di me, me ne vado a fare un giro. Tanto l'incontro per vedere il gioco ce l'ho a mezzogiorno.

Il giro consiste prima in un tour guidato di 'sto posto assurdo dove mi hanno portato, il Joshua Tree Retreat, sorta di eremo per ritiri spirituali, riunioni, assembramenti, magari anche orge e suicidi di gruppo, vai a sapere. Ah, progettato e costruito da Lloyd Wright, architettone di quelli grossi. Dopodiché piglio e mi metto a vagare nei dintorni, incontrando varie amenità (che so, palline da golf, scarpe da tennis, leprotti in fuga, polvere... ) e fidandomi del fatto che, a quanto dicono, l'aria è sufficientemente fredda da non farmi correre il rischio di incontrare serpenti a sonagli. Effettivamente non ne incontro.

Se a qualcuno interessano foto della giornata, le trovate qui, che facciamo prima. Una volta sbrigata la pratica lavorativa, io e gli altri giornalisti "stranieri" raggiungiamo gli yankee, che han passato la mattinata a vagare su ATV fra sassi e sterpaglie. C'è solo mezzora di tempo e devo sostanzialmente scegliere se farmi un giro sulle quattro ruote o mangiare. Ovviamente scelgo di mangiare. E poi via, verso l'incredibile poligono di tiro. Ah, che bello, si spara davvero, chi non vorrebbe sparare a un bersaglio in vita sua? Boh, non lo so, però so che in effetti prendere in mano il fucile a pompa, caricarlo e poi fare finalmente CHA-CHACK fra un colpo a pallettoni e l'altro è uno spettacolo. CHA-CHACK!

In tutto questo, segnalo che oltre a una banda di nerd pari miei, nel mucchio, ci sono anche inviati di riviste più strane. Tipo un ragazzone palestrato che viene dall'Australia e scrive per una qualche pubblicazione di armi, donne, lifestyle, sarcazzo. E pure un paio di modelle che posano tutte contente assieme ai motociclisti del luogo e che scoprono di essere amiche d'infanzia, o compagne di classe, o ex conviventi, o che comunque si conoscevano e non si vedevano da tanti anni e preferisco quella alta e mora alla nana bionda, ma insomma, fa lo stesso. Ah, sì, ci sono anche i motociclisti, come quelli che stanno nel gioco che sono venuto fino qui a provare. Quelli degli anni sessanta, che infatti, essendo degli anni sessanta, ora sono vecchi e panzoni. Simpatici, però! CHA-CHACK!

E dopo aver sparato con la pistola, il fucile (CHA-CHACK!) e l'assault rifle e il fucile (CHA-CHACK!) e la pistola e ancora il fucile (CHA-CHACK!) e poi l'altra pistola col mirino laser e poi il fucile (CHA-CHACK!) e poi PORCA PUTTANA MI STA VENENDO IL MAL DI TESTA CON TUTTO 'STO CAZZO DI RUMORE che si fa? Si torna al resort, si fa una bella scacazzata e poi via verso il saloon. Sì, il saloon, dove i motociclisti vecchi, simpatici e panzoni si moltiplicano, dove tre di loro si esibiscono pure sul palco suonando musica rock (bravi, fra l'altro!), dove si mangiano taco e spiedini piccanti da emorroidi istantanee e dove, ovviamente, si beve gratis (CHA-CHACK!).

E una volta tanto, fanculo, mi lascio andare e bevo gratis tanto, ma tanto tanto, eh, e mi ubriaco come non mi capitava, boh, da Gallipoli, a occhio. Non sbocco, perché anche se ho un po' perso la propensione all'alcolismo che avevo sviluppato nel corso della mia depressa ma vivace adolescenza, ho quantomeno mantenuto la capacità di fermarmi (quasi sempre) quando serve. Però, uah, me ne vado alle cozze, proprio, a provare due o tre volte qualsiasi cosa ci sia sulla lista dei veleni e a far casino con la piacevole combriccola di disastrati messi assieme (un tedesco che fa il corrispondente estero da San Francisco, una giornalista pettoruta di Penthouse, un tizio del Massachussets, uno che mi pare si chiamasse Aziz e altra gente che passava a caso urlando cose senza senso).

Dopo un ritorno in stanza "complesso", durante il quale per fortuna non avevamo a disposizione fucili (CHA-CHACK!), vado a letto sereno, perché sul programma c'è scritto che si fa colazione alle 9:00 e si parte alle 10:30. Ops, dev'essere cambiato qualcosa, altrimenti non si spiegherebbe il tizio che sta prendendo a pugni la mia porta dicendo che sono le 7:00 e l'autobus deve partire (e purtroppo manco posso alzarmi e fargli CHA-CHACK!). Ops, sto uscendo dalla stanza alle 7:10 e l'aereo decolla alle 17:25. Ops, in autobus a ogni curva mi sento come se stessi per vomitare l'ultima settimana di pasti (e tra l'altro qualcuno l'ha fatto sul sedile davanti al mio). Ops, arrivo in aeroporto alle 9:30, non ho un cazzo da fare, provo a prendere un autobus per farmi un giro e scendo subito perché ancora un po' vomito. Ops, il convertitore per la corrente che mi serve per attaccare il laptop costa trentacinque cazzo di dollari. Ops, la connessione wi-fi gratuita c'era solo nella parte dell'aeroporto prima dei controlli. Ops, all'HMV di Heatrow hanno finito i cofanetti della quarta stagione di Battlestar Galactica. Ops, il Malpensa Express mi chiude le porte davanti e parte, lasciandomi lì sulla banchina come un coglione (CHA-CHACK!). Ops, ventotto ore dopo essere uscito dalla stanza sono arrivato a casa, e il mio stomaco ancora non riesce a capire cosa sia successo negli ultimi quattro giorni. Beh, perlomeno, come mio solito, sul volo di ritorno ho dormito dal momento del decollo a quello dell'atterraggio. Son soddisfazioni.

P.S.
Cito comunque il saggio giornalista del Massachussets, quando dice: "My worst day working in the videogame industry is better than my better day of any other job I've done". O qualcosa del genere. E io son pure d'accordo, eh, e alla fine mi piace andare a farmi un giro nel deserto, anche se in 'sta maniera spossante. Certo, il giornalista del Massachussets non si fa cinquantacinque ore di viaggio per vedere un gioco che sviluppano qua dietro (in Austria, per capirci). Però ho fatto CHA-CHACK!

15.12.08

Battlestar Galactica - Stagione 3

Battlestar Galactica - Season 3 (USA, 2006/2007)
creato da Ronald D. Moore
con Edward James Olmos, Mary McDonnell, Katee Sackhoff, Jamie Bamber, James Callis, Tricia Helfer, Grace Park, Michael Hogan, Aaron Douglas, Tahmoh Penikett, Lucy Lawless


L'approccio alla terza stagione di Battlestar Galactica è stato per me accompagnato da qualche timore di troppo. Il ricordo di quella oscena manciata di episodi che precedeva il gran finale della precedente annata era ancora ben vivo nella mia testolina e mal si conciliava con certe critiche lette in giro sulle troppe puntate riempitive e sull'eccessiva insistenza sugli aspetti da soap. Col senno di poi, i timori si sono rivelati esagerati, ma forse mi hanno fatto bene, perché al solito le aspettative non elevatissime mi hanno fatto godere assai di quel che poi ho visto.

A conti fatti questa terza stagione abbraccia sicuramente l'idea di approfondire meglio i personaggi e le relazioni che li legano, mettendo a tratti anche da parte lo sviluppo della storyline principale. Ma d'altra parte la cosa è decisamente realizzata meglio rispetto al timido e maldestro tentativo della seconda annata. Lì, molto semplicemente, a un certo punto ci si è ritrovati a mettere in pausa la fuga dai Cylon per dare spazio a (orrendi) episodi autoconclusivi, che oltretutto in un paio di casi si permettevano anche di risolvere completamente a cazzo storie e personaggi di lungo corso. Qui, invece, si è lavorato molto meglio sulla struttura narrativa e, sebbene in certi frangenti si abbia comunque l'impressione di qualche stiracchiamento per allungare il brodo, l'insieme è molto più compatto, omogeneo.

Le storie dell'equipaggio, gli approfondimenti sui singoli personaggi, gli intrecci amorosi, le sottotrame politiche non sono più siparietti aperti e chiusi fra un colpo di scena e l'altro, ma vanno a costituire parte integrante del racconto, che li porta avanti in parallelo all'epica lotta per la sopravvivenza (di quel che resta) dell'umanità. E ne viene fuori una serie che magari non riesce a scrollarsi di dosso qualche ingenuità e qualche caratterizzazione un po' schizofrenica, ma si riprende alla grande da certi scricchiolii di troppo.

E i Cylon? I loro dubbi, i loro piani, le loro motivazioni, la loro controversa guerra all'umanità? Difficile parlarne senza svelare troppo, cosa che non ho esattamente voglia di fare. Di sicuro, comunque, se si chiude un occhio su qualche passaggio poco convincente e ci si lascia coinvolgere dagli eventi, il crescendo narrativo è spettacolare. Splendido l'avvio di stagione, che risolve in maniera soddisfacente il cliffhanger su cui ci si era fermati e rilancia la serie nel suo rinnovato viaggio. Appassionante il caos di misteri ed emozioni, costruito in maniera molto abile ma tutto sommato non portato all'eccesso, con la saggia scelta di svelare altri misteri in una chiusura d'anno che ancora una volta spiazza gettando chili di carne al fuoco.

C'era il rischio di forzare la mano, prolungando a dismisura i dubbi e le relative soluzioni, come tanto spesso si è visto e si vede ancora fare in altri serial. E a tratti l'impressione di essere un po' presi per il culo, diciamolo, c'è anche. Ma nel complesso, forse anche grazie alla chiusura forzata imposta dai produttori sul termine della quarta stagione, non ci si può proprio lamentare.

12.12.08

Cambia la tua vita con un click

Click (USA, 2007)
di Frank Coraci
con Adam Sandler, Kate Beckinsale, Christopher Walken, David Hasselhoff, Henry Winkler


Io, lo ammetto, ho un debole per Adam Sandler. Per la sua figura da fesso pacioccone e bambinone, per il suo modo biascicato e adorabile di parlare, per la sua comicità fisica, sboccata, sopra le righe e senza alcuna vergogna, per il fatto che – quando si mette in mano a registi capaci di tenerlo a bada – riesce anche a dimostrare di essere un interprete intelligente, efficace, intenso. Certo, tutto questo non mi impedisce di notare che la maggior parte dei suoi film fanno pena.

Ma d'altra parte è un far pena quasi programmatico. Sandler è uno che si fa i cazzi suoi, si produce (e talvolta scrive) buona parte dei suoi filmetti, realizza opere risibili ma coerenti, probabilmente divertendosi come un matto. In questo, in fondo, non è molto diverso da un Quentin Tarantino, no? A parte il fatto che Tarantino è uno che comunque anche la cazzata più infame te la confeziona con una regia da Dio del cinema, mentre la maggior parte dei film che coinvolgono Sandler, si diceva, fanno pena. A questo punto potrei dilungarmi sul fatto che perlomeno lui non cerca di far passare le sue stronzate per opere d'autore, ma insomma, si entra in un campo minato, e teoricamente qui dovrei scrivere di Click.

Ecco, (Cambia la tua vita con un) Click, è la classica commedia americana per famiglie, che prende una singola idea, la fa spiegare da un grande attore a caso che ha bisogno di pagarsi le ferie, ci costruisce attorno mezzo film e poi si butta sulla svolta moralista e sentimentale, ricordando a tutti che dobbiamo apprezzare quello che abbiamo davanti agli occhi (o qualcosa del genere). Come al solito, la maggior parte delle trovate divertenti sono riassunte nel trailer - anche se qualche altra gag simpatica si vede - e la moralina finale è abbastanza stucchevole.

La svolta melodrammatica, però, pur nella sua pacchianaggine, è talmente forte, insistita, esagerata, da farmi quasi dire che per brevi tratti funziona e riesce a solleticare un filo d'immedesimazione. D’altra parte siamo in ogni caso ben lontani da robe impresentabili come Little Nicky e, pur non avendo niente a che spartire con le migliori commedie di Sandler (che solitamente coinvolgono Drew Barrymore), alla fin fine questo Click si lascia guardare. Ma probabilmente la cosa è dovuta alla presenza di Kate Beckinsale.

11.12.08

Sunshine

Sunshine (2007, UK/USA)
di Danny Boyle
con Cillian Murphy, Chris Evans, Michelle Yeoh, Cliff Curtis, Hiroyuki Sanada


Se tre indizi fanno una prova, possiamo serenamente dire che Danny Boyle dovrebbe smetterla di lavorare con Alex Garland. Dopo The Beach e 28 giorni dopo, Sunshine è il terzo film in cui il regista britannico riesce nell'impresa di proporre un approccio interessante, intelligente e fuori dagli schemi al film di genere, per poi sputtanare più o meno tutto. Nelle fasi risolutive quando va bene, nell'intera seconda metà quando va male.

Sunshine racconta di un equipaggio di astronauti in missione per la salvezza della razza umana. Il sole si sta spegnendo e c'è bisogno di ravvivarlo facendo brillare al suo interno la bomba atomica definitiva. Non essendo disponibile Bruce Willis, per portare a termine l'impresa già fallita da una precedente spedizione si sceglie di mandare nello spazio Cillian Murphy (e una serie di altri scienziati e piloti).

Per buona parte del film il taglio del racconto è assolutamente realistico, con grande attenzione alle psicologie dei personaggi e alla situazione estrema che vivono. Ritmi lenti e compassati, atmosfere lugubri, opprimenti, voglia di far vivere allo spettatore l'angoscia di stare affrontando non solo una missione da cui si potrebbe non tornare e dalla quale già qualcuno non è tornato, ma anche le sensazioni tremende di un viaggio monotono, interminabile, asfissiante, della lontananza dagli affetti, della responsabilità di avere l'intera razza umana sulle proprie spalle.

Fra i protagonisti non ci sono grandi eroi spacconi e donnicciole coinvolte in storie d'amore strappalacrime. I momenti di crisi non generano scene d'azione e si limitano invece a spingere sul pedale dell'intenso dramma. Addirittura fra gli attori non appaiono né Steve Buscemi né Peter Stormare! Sunshine è, insomma, un gran bel film, che ha poco a che vedere col genere “catastrofico” e si rivela davvero fuori dagli schemi non per il semplice gusto di esserlo, ma con un senso e delle valide ragioni. Solido nella scrittura, intenso nelle emozioni che genera, seducente nelle suggestive immagini che Boyle mostra. Purtroppo, però, a un certo punto la magia finisce.

Salta fuori il cattivo, aumentano i morti, ci sono un paio di inseguimenti al buio e in sostanza si rovina quasi del tutto la bella atmosfera del film. Nonostante tutto – penso per esempio alla bella scena in cui Mace incontra il suo destino – Sunshine riesce comunque a mantenere una sua dignità fino in fondo. Ma lo fa purtroppo lottando contro la solita perdita di controllo del Boyle, che sembra quasi voler chiudere con la sua rilettura (inevitabilmente stronza) di 2001 odissea nello spazio.

10.12.08

Nip/Tuck - Stagione 3

Nip/Tuck - Season 3 (USA, 2005)
creato da Ryan Murphy
con Julian McMahon, Dylan Walsh, Joely Richardson, Bruno Campos, John Hensley, Roma Maffia, Kelly Clarkson


La terza stagione di Nip/Tuck è una creatura strana, enigmatica, schizofrenica, che fa di tutto per non farsi amare, ma contro la sua stessa volontà riesce comunque a offrire alcuni fra i momenti migliori della serie. L'avvio è strepitoso, come del resto era lecito attendersi. Si riallaccia al bastardissimo finale dell'annata precedente e ne racconta le conseguenze, mostrando un fantastico Christian Troy, sempre in crescita, sempre impegnato a maturare come personaggio e a non fossilizzarsi sullo stereotipo in agguato dietro l'angolo.

In uno dei picchi più alti nel suo maltrattare gli uomini che racconta, Ryan Murphy mostra qui l'ombra del Christian che avevamo imparato ad amare, un uomo violato nel fisico e nella mente, che fatica a rialzarsi sulle sue gambe. In questa situazione rientra in gioco Quentin Costa, personaggio azzeccato e divertente, che ha forse l'unico vero limite di scivolare con troppa facilità nella macchietta e sovrapporsi per certi versi all'Escobar Gallardo della prima stagione.

Dopo il bell'avvio, però, nel blocco centrale di episodi emergono i limiti di questa terza annata, che mostra un certo imbarazzo nel trattare argomenti poco interessanti e storie deboli, introdotte forse con leggerezza e non a caso quasi tutte poi chiuse in maniera impacciata e frettolosa. La nuova storia di Matt, il coinvolgimento di Sean nel programma di protezione testimoni, la ricerca di stabilità di Christian, l'affermazione d'indipendenza delle varie figure femminili... davvero troppi sono i discorsi che non riescono a convincere fino in fondo. Alcuni, molto semplicemente, sono mal concepiti. Altri, pur divertenti e azzeccati nella sostanza, non trovano sbocco e finiscono poi per svanire nel nulla, pur con qualche strascico nella quarta stagione.

Eppure riesce difficile bocciare quest'annata. Un po' perché, nonostante quella manciata di episodi centrali davvero malriusciti, ci sono comunque delle puntate strepitose, a cominciare dalla clamorosa Sal Perri. Un po' perché il triangolo Sean-Christian-Quentin è molto ben orchestrato, soprattutto nel mostrare l'evoluzione psicologica del personaggio interpretato da Julian MacMahon, adorabile nel suo tentativo di vestire gli scomodi panni di Sean per resistere all'ondata travolgente di Quentin. Un po' perché torna il Carver, una maschera davvero strepitosa, anche se le rivelazioni finali abbattono il fascino suo e del personaggio che ne veste i panni.

A sipario calato, l'impressione non è necessariamente negativa, ma certo rimane in bocca un retrogusto amarognolo, in parte dovuto alle enormi aspettative. Del resto, non era facile arrivare dopo una stagione strepitosa come la precedente e forse certi buchi nell'acqua sono dovuti anche al tentativo di non esagerare nel vivere di luce riflessa.

9.12.08

Nip/Tuck - Stagione 2

Nip/Tuck - Season 2 (USA, 2004)
creato da Ryan Murphy
con Julian McMahon, Dylan Walsh, Joely Richardson, John Hensley, Famke Janssen, Roma Maffia, Kelly Clarkson


Scrivere della seconda stagione di Nip/Tuck dopo aver guardato le due successive è strano, perché all'entusiasmo della visione si aggiunge la consapevolezza di stare parlando probabilmente del miglior anno della creatura di Ryan Murphy. O perlomeno di quello che più mi ha convinto in ogni suo aspetto. C'è tutto il meglio della serie: il dramma, intenso e spiazzante, l'assurdo umorismo, la voglia di stupire e sconvolgere, delle fantastiche prove di attori meravigliosi, una Vanessa Redgrave fuori scala come suo solito e un cattivo incredibilmente efficace, che si muove dietro le quinte ed esce sbavando da sotto il letto.

È l'anno di Ava Moore, splendido personaggio che regala finalmente un senso al giovane Matt e chiude la stagione con un paio di "colpi" spettacolari (compresa una guest star da leccarsi i baffi). Ma è anche l'anno in cui esordisce il Carver, meravigliosa maschera horror che ogni tanto appare, rovina l'atmosfera da soap dell'assurdo e svanisce poi nel nulla. Ed è poi l'anno nel quale l'aspetto più drammatico delle vicende viene sviscerato forse meglio, con intensità, autoironia, sviluppi credibili nelle relazioni fra i personaggi, voglia di stupire senza per questo scivolare per forza nella follia a effetto.

Una stagione dagli equilibri sottili e perfetti, in cui ogni episodio s'incastra a meraviglia con gli altri. Tutto, o quasi, ruota attorno ai figli. Al loro imminente arrivo, al desiderarne, al non saperli affrontare. Figli strappati ai propri genitori, padri disperatamente aggrappati ai propri pargoli, donne alle prese con la loro incapacità di essere madri. E tutto viene raccontato tramite gli sguardi, le labbra, i corpi di personaggi fantastici, ricchi, che crescono di episodio in episodio e affrontano cambiamenti fondamentali nelle loro vite.

Un arco narrativo perfetto, punteggiato dalla solita formula del caso della settimana, sempre affascinante, sempre interessante, sempre intrecciato nel tessuto narrativo per rispecchiare distorti i drammi affrontati dai vari personaggi. Insomma, nella seconda stagione di Nip/Tuck funziona tutto a meraviglia. Funzionano i singoli episodi (Mrs. Grubman, Rose & Raven Rosenberg, Julia McNamara fra i migliori), funzionano le varie storyline, funziona l'arco narrativo, funziona il tremendo finale, che ti lascia proprio lì come un fesso. Qui davvero la serie di Ryan Murphy era "A disturbingly perfect drama."

 
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